Le fratture malleolari sono fratture molto comuni, rappresentano il 9% delle fratture dell’adulto, e possono coinvolgere tutti i malleoli della caviglia: laterale (o peroneale, perché appartiene al perone – Fig. 1), mediale (o tibiale perché appartiene alla tibia) e posteriore (che appartiene sempre alla tibia e chiamato anche triangolo di Volkmann).

Il meccanismo di azione di queste fratture è di tipo indiretto, quasi sempre per un trauma distorsivo. Durante il trauma, il piede fa leva sull’astragalo all’interno dell’articolazione della caviglia ed a seconda della direzione e dell’energia presente, si vengono a creare diversi tipi di frattura.
L’energia del trauma può esser tale da disgiungere il perone dalla tibia fino al ginocchio con rottura dei legamenti tibio-peroneale anteriori e posteriori e della membrana interossea (che unisce le due ossa).
Le lesioni vengono classificate in base al livello anatomico della frattura del perone rispetto alla sindesmosi (ovvero l’articolazione tra tibia e perone dotata di minimo movimento fisiologico). Questa classificazione ha una grande importanza nel decidere il trattamento e conoscere la prognosi di una frattura malleolare.
Nelle fratture di tipo A, la frattura avviene al di sotto del livello della sindesmosi, ovvero i legamenti che uniscono tibia e perone e sono fratture con prognosi favorevole, in cui sia la sindesmosi che il legamento tibio peroneale non vengono coinvolti.
Nelle fratture di tipo B, la frattura avviene a livello della sindesmosi. Il legamento tibio peroneale anteriore è spesso coinvolto. Nelle fratture di tipo C, la frattura avviene al di sopra della sindesmosi. Il legamento tibio peroneale è sempre lesionato. Si può osservare in molti casi una lussazione o una sublussazione laterale dell’astragalo.
Nelle fratture di tipo C, la frattura del perone può avvenire anche molto in alto nella gamba. Questo crea spesso degli errori di valutazione perché si nota un gonfiore e il dolore alla caviglia, ma non la frattura del perone prossimale (posta fuori dal campo di indagine radiografico).
Il trauma quindi viene confuso con una semplice distorsione e non come una grave frattura di tipo C che può avere severe conseguenze sulla caviglia.
Le fratture di tipo A, B o C possono essere mono, bi- o tri-malleolari a seconda del coinvolgimento degli altri malleoli. (Fig. 2)

All’esame clinico si notano gonfiore, impotenza funzionale e in caso di lussazione o sublussazione, deformità della caviglia. Le esposizioni cutanee non sono frequenti, mentre è molto comune, soprattutto nelle fratture complesse una sofferenza dei tessuti molli.
La diagnosi oltre che clinica è radiografica, con due semplici radiografie in proiezione anteroposteriore e laterale.
Il trattamento di queste fratture è quasi sempre chirurgico, ad eccezione delle fratture composte e stabili di tipo A o B, che si mantengono composte nel gesso, che dev’esser mantenuto per 4-6 settimane. In ogni caso il trattamento conservativo allunga i tempi di guarigione ed è gravato da un’alta percentuale di osteoporosi post-traumatica (Fig. 3).
Una non perfetta riduzione dei malleoli o il permanere di una diastasi tibioperoneale comporta delle gravi conseguenze nella funzionalità articolare tibiotarsica con precoce rigidità, dolore e artrosi post-traumatica (Fig. 4).

